Nell’immaginario collettivo Caserta è la “Versailles italiana”, la città della Reggia Vanvitelliana, costruita fra il XVIII ed il XIX secolo. In realtà Caserta ha origini molto più antiche. Il nome deriva dal latino “Casa Hirta”, toponimo che fa riferimento all’ubicazione dell’antico centro urbano – l’attuale Casertavecchia – che sorgeva già nel 861 d.C. in posizione elevata rispetto alla pianura circostante.
A seguito delle incursioni saracene e delle devastazioni delle città di pianura, gli abitanti ed il clero delle zone circostanti, in particolare quelli della scomparsa città di Calatia, trovarono in Casertavecchia un rifugio sicuro. La popolazione di Casa Hirta aumentò notevolmente nel XII secolo, con la costruzione dell’attuale cattedrale consacrata al culto di San Michele Arcangelo. Oggi il Duomo, il campanile, il castello e l’antico borgo medioevale sono meta di interesse turistico. Molte sono le manifestazioni folkloristiche che si svolgono a Casertavecchia e nei borghi limitrofi di Casola, Pozzovetere e Sommana.
Partendo dalla mia abitazione a Pozzovetere, impiego 15 minuti per raggiungere Casertavecchia. Giunta ad un incrocio, posso ammirare la Cappella di San Rocco alla mia sinistra. La struttura – risalente al XVII secolo – presenta un solo portico laterale ed un campanile di 8 metri. È una costruzione molto semplice, quasi spartana. È aperta al pubblico ed ai fedeli il 16 agosto, giorno di S. Rocco. Alla mia destra c’è un immenso prato adibito al pascolo dei pony.
Per addentrarmi nel Borgo medioevale devo prima percorrere una ripida stradina all’interno di una pineta, fino a raggiungere la fortezza – costruita nel 879 – che assunse l’aspetto di un castello sotto il dominio dei Normanni e degli Svevi. Questi ultimi commissionarono la ristrutturazione del complesso e l’edificazione del grandioso mastio circolare. Forse ad ordinarlo fu Riccardo, figlio di Tommaso di Lauro, educato alla corte dell’imperatore Federico II di Svevia, di cui sposò la figlia nel 1246. La torre fu costruita con blocchi di tufo squadrato poggianti su uno zoccolo in calcare. Essa è tra le più grandi in Europa, seconda per diametro alla torre della cinta urbana di Aigues Mortes, in Provenza. È alta circa 30 metri per 19 metri di diametro. Superato il mastio, mi affaccio dalla terrazza panoramica ed osservo il paesaggio. Da qui si può ammirare la Reggia, il Vesuvio, il mare e, quando le condizioni atmosferiche lo consentono, persino Ischia. Il panorama mozzafiato, fruibile da molti punti del borgo, non è l’unica attrattiva di Casertavecchia.
Mente percorro le stradine, fotografando ogni angolo fiorito, percepisco un inconfondibile profumo di brace. Do un’occhiata ad un menù che propone molte ricette a base di cinghiale. Nell’angolo a destra c’è un negozio di souvenir, e subito dopo un bar che espone in vetrina buonissimi dolci tradizionali. Finalmente scorgo il campanile del Duomo! Mi affretto per raggiungere la cattedrale e ad entrare. Ogni volta che mi trovo in questa chiesa, ricordo chiaramente il giorno in cui il professore di Storia dell’Arte ci spiegò la peculiarità delle “colonne di spoglio”. Si tratta di colonne in marmo cipollino i cui capitelli, per lo più corinzi, sono tutti diversi l’uno dall’altro e provengono da antichi edifici di età romana. La leggenda narra che furono le fate a trasportare le pesantissime colonne lungo la collina. L’edificio è costruito in tufo grigio campano. La facciata, posta ad occidente, è a salienti e riflette l’interno a tre navate. Sculture zoomorfe fuoriescono a mensola dalla muratura. Il campanile fu terminato nel 1234, al tempo di Federico II, dal vescovo Andrea. Con i suoi 32 metri, è simile al campanile della cattedrale di Aversa. L’arco ogivale che permette il sottopasso di una strada diretta verso il castello è di chiaro influsso gotico. Il primo ed il secondo piano presentano delle bifore. La cella campanaria è ottagonale.
Di fronte alla cattedrale sorge il vecchio Convento dei Minimi. Le due sale, ricavate dall’antico refettorio dei monaci e dal fienile del convento, possono ospitare fino a 240 coperti.
Lasciando alla mia destra Piazza Vescovado, mi incammino verso l’abitazione più famosa di Casertavecchia, la “Casa delle Bifore”. Questa dimora gentilizia del XI secolo fu acquistata da Ursula Panniz, una turista tedesca che s’innamorò del Borgo e vi stabilì il proprio laboratorio di artigianato. Ad Ursula si deve l’invenzione dei famosi “spiritelli”. Si tratta di vasi con il coperchio di legno, a cui venivano date espressioni buffe. La tradizione vuole che, scrivendo il proprio desiderio su un biglietto ed inserendolo all’interno del coccio, lo spiritello o folletto lo esaudisca. Secondo un’altra tradizione, invece, il desiderio va espresso inserendo una moneta in una fessura posta al piano terra, di fronte alla finestra a bifora, che si illuminerà o meno indicando buono o cattivo auspicio. Ursula è scomparsa nel 2014 ma ha voluto che gli spiritelli diventassero il simbolo di Casertavecchia e che tutti gli altri artigiani li producessero. La storia della sua fuga dalla Germania post bellica è diventata un libro.
Conclusa la mia visita al Borgo, mi incammino verso la pineta e, leggendo un cartellone, scopro un aspetto nuovo di questa località; essa è una tappa della Via Micaelica del Tifata. Il Club Alpino Italiano – sezione di Caserta – ha ideato il Tifatinvita: un’annuale escursione di due giorni da Maddaloni a Sant’Angelo in Formis passando per Casertavecchia. Un itinerario suggestivo che, tra storia e natura, è intriso del culto Micaelico. San Michele è infatti il Santo Patrono di Maddaloni e la collina che la sovrasta, denominata Monte San Michele, ospita un santuario dedicato al santo. Anche il duomo di Casertavecchia è dedicato a san Michele, così come l’abbazia benedettina di Sant’Angelo in Formis.
Tifatinvita è qualificato come attività di Trenotrekking. L’itinerario prevede la partenza da Maddaloni, ma può essere percorso al contrario. Si parte da Maddaloni e si effettua una visita guidata della città, del Santuario di San Michele (427 m) e del castello dei Carafa, dal quale si può ammirare la pianura campana e Napoli. Giunti a Casertavecchia (496 m) si effettua una visita guidata dell’antico borgo con successiva cena e pernottamento.
Il giorno seguente si parte dalla Cappella di San Rocco (Casertavecchia) fino a raggiungere Monte Virgo, il punto più alto del percorso (620 m). Proseguendo verso San Leucio (200 m) con vista sull’omonimo Real Sito, si giunge in località Vaccheria (191 m). Tappa successiva è il Monte Tifata (630) dal quale è possibile ammirare la valle del Volturno. Si raggiungono poi Sant’Angelo in Formis – con visita guidata alla Basilica Benedettina – e infine la stazione dell’ex Alifana dove termina l’escursione. In alternativa, in circa un’ora, è possibile raggiungere Santa Maria Capua Vetere. L’escursione da Maddaloni a Casertavecchia è lunga 10 Km. Quella da Casertavecchia a Sant’Angelo in Formis circa 16 Km.
Fra le numerose manifestazioni che si svolgono presso le frazioni di Casola, Sommana e Pozzovetere ricordiamo: il Campionato Regionale dell’ASD WILD WEST e la sagra dell’asparago selvatico che si svolge la prima settimana di maggio.
Articolo e foto di: Anna Visconti