Dal Gigante Golia della maledizione “non sarà più mio ma non sarà di nessun altro”, all’eclettico Sogno d’Oriente del Marchese

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Con carta e penna alla mano io bolognese di nascita, una qualunque, affacciata nel panorama dell’esplorazione urbana di luoghi decadenti da solo 2 anni, “zingarando” da una parte all’altra dell’Italia, vi voglio condurre in un viaggio insolito, interiore, tutto mio, diverso da quello che potete pensare, nel quale ritrovo me stessa. Dando spazio ad una fervida immaginazione e fantasia, sarete miei compagni virtuali, spettatori in tutta comodità e sicurezza, una riga dopo l’altra.

Siamo tutti viaggiatori nella vita, con un proprio percorso, chi trascina valige enormi e chi un piccolo zaino.

Urban Exploration: “Attraversando un portale del tempo”

Per coloro che ancora non mi conoscono pratico esplorazione speleologia urbana, all’interno di luoghi dimenticati, abbandonati o riconquistati dalla natura, che hanno una loro storia e un loro passato e nei quali scatto fotografie. Sono ville, castelli, chiese, conventi, discoteche, edifici industriali, luoghi che hanno avuto persone che li hanno vissuti, mura che potrebbero parlare e raccontare più di una storia. Varcarne l’ingresso è come attraversare un portale del tempo, riesco a viaggiare nel passato, fantasticare per ciascuno di essi, calpestandone i calcinacci e polvere posati a terra nel loro riposo profondo, in questo silenzio senza una fine, mi rifugio dalle mie fragilità ed evado dalla mia quotidianità. Siamo tutti viaggiatori nella vita, con un proprio percorso, chi trascina valige enormi e chi un piccolo zaino. Dobbiamo essere consapevoli che solo alleggerendoli riusciamo ad essere vivi e ad andare sempre più lontani, aprendoci a nuove esperienze, magari riscoprendoci e trovando nuove passioni

Vi sto accompagnando per l’ennesima volta nella mia personale interpretazione di urban exploration. Lo potrei definire un cocktail di essenze, nel quale due giocano il ruolo fondamentale, curiosità nell’esplorazione e passione per la fotografia. Ogni viaggio non è solo un posto, è un’esperienza, diventa un’emozione sempre diversa e ciò che proviamo, fino a sentirci di nuovo vivi. 

Molti sono i luoghi la cui bellezza sembra sospesa o cristallizzata, nei quali accedervi è come svestirmi di ogni fatica, caricarmi di sogni, speranze, emozioni fino a vibrare nel mio più profondo, sensazioni così come la persona che amo le scatena.

Siamo in due regioni di Italia diverse, Piemonte la prima e Toscana la seconda.

Il Castello Gualino

In un caldo pomeriggio di fine agosto mi trovo in provincia di Alessandria, il castello di cui vi sto per raccontare risale ai primi anni del novecento e domina l’omonimo paese sul quale è eretto. Un importante industriale biellese Riccardo Gualino, grande mecenate della cultura e dell’arte, amico di Giovanni Agnelli, scelse di fare erigere il maniero sulle fondamenta di un’antica rocca medioevale del 1600, facendolo diventare una sontuosa dimora per la sua innamorata. I lavori di ricostruzione durarono circa 10 anni. 

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E’ una struttura dalle dimensioni davvero imponenti, tra locali, anfratti, balconate e circa 156 stanze, tutte finemente ed elegantemente affrescate e 170.000 metri quadri di giardino. All’epoca il magnate per accontentare la consorte non aveva badato a spese anche nell’arredare gli interni, si racconta che un tempo nella sala di rappresentanza, oltre ad essere ornata da bellissimi affreschi vi fossero prestigiose collezioni di opere d’arte, da Botticelli a Van Dyck (solo per citarne alcuni) ed ora custoditi nella Galleria Sabauda di Torino.

Purtroppo però arrivò ben presto il declino del castello, Riccardo Gualino fu accusato dopo la guerra mondiale di bancarotta fraudolenta e la dimora priva di proprietari fu depredata di tutto. Passò per alcune mani, divenne per anni ricovero di malati di tubercolosi, fino all’insediamento della malavita organizzata con la più grossa fabbrica di eroina d’Europa.
Fu posto sotto sequestro per parecchio tempo a seguito di un’imponente retata a giugno del 1980, dove furono rinvenuti due laboratori con cento chili tra eroina e morfina. Andò anche all’asta a fine 2014, ma non se ne fece nulla e ad oggi tutto resta ancora sospeso e il gigante “Golia” abbandonato all’inesorabile tempo che passa.

Il Castello di Sammezzano

Ci spostiamo ora in Toscana, a circa trenta chilometri da Firenze, a Reggello, probabilmente una fortezza risalente all’IX secolo, poi fattoria nel 1600, dalle cui fondamenta nasce il conosciuto Castello di Sammezzano, appartenuto a Ferdinando Panciatichi Ximenes D’Aragona. Panciatichi era rimasto affascinato dall’orientalismo e decide di modificare la struttura esistente del castello e costruire nuove sale richiamando questo stile che si stava diffondendo all’inizio degli anni ottocento, ci vollero circa 40 anni per realizzare il suo “Sogno d’Oriente” (1842-1890).

Un’alternanza di stucchi, specchi, decorazioni, cupole, colonne, colori accesi e giochi di luce, una fusione unica di suggestioni ispirata all’Alhambra di Granada e a Moghul in India. Chiunque abbia avuto la possibilità e la fortuna di accedervi (io inclusa, in occasione di aperture straordinarie autorizzate dalla proprietà ed organizzate dall’associazione Save Sammezzano) resta catturato sala dopo sala da tanta bellezza. Sammezzano riesce così ad essere dea e musa ispiratrice, un set fotografico seppur vuoto e senza arredi.

All’interno del castello attraversando una stanza dopo l’altra vieni pervaso e schiacciato da intense emozioni, fino a desiderare che il sogno e il viaggio non abbia mai fine, come entrati in una dimensione parallela che oltre a viaggiare nel tempo, riesce a trasportare in altri luoghi lontani fino alla nostra più fervente fantasia. Ambienti dall’infinite suggestioni e dall’atmosfera magica come l’iridata Sala dei Pavoni, l’atrio delle Colonne, la cappella, l’Ottagono degli Specchi, la Sala dei Gigli, la Sala degli Amanti, la Sala Bizantina, l’Ottagono Dorato, la Sala delle Stelle o la superba Sala Bianca.

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Per quanto siano durati circa 40 anni i lavori di ricostruzione e modifiche, resta ancora l’opera più eclettica ed orientalista in Italia incompiuta.

La tenuta appartenne  a famiglie importanti gli Altoviti prima, a Giovanni Jacopo de Medici poi, fino poi ad essere venduta a Sebastiano Ximenes.

Dopo la morte di Ferdinando Ximenes e la figlia Marianna, il complesso passa tra diverse proprietà. Durante la seconda guerra mondiale viene saccheggiato dai nazisti, tra gli anni 1970-80 diventa un albergo e ristorante di lusso, come location di produzioni cinematografiche, feste e cerimonie. Tra aste giudiziarie mai aggiudicate cade in stato di abbandono. Ad oggi risulta appartenere alla Società Sammezzano Castle srl (società italo-inglese), un ambizioso progetto c’era alla base, di trasformarlo in un resort, ma tutto è ancora in sospeso.  

Lo conosciamo come luogo del Cuore al primo posto della classifica del FAI, “tutelato” e seguito nelle sorti dall’associazione Save Sammezzano, un movimento civico che cerca di mantenere attiva l’attenzione e i riflettori accesi per la sua salvaguardia, continuando a sensibilizzare l’opinione pubblica, chiedendone il recupero e la pubblica fruibilità. Un castello chiuso e in disuso da oramai 30 anni, un sogno d’oriente che avrebbe tutto il diritto di realizzarsi, perché unico nel suo genere. Una dimora dalle porte chiuse, ma da un giardino di oltre 60 ettari che al contrario si può visitare liberamente, con 130 piante esotiche e dalla sequoia gemella, alta quasi 60 metri con oltre 9 metri di circonferenza.

Bene, vi ringrazio miei cari compagni di viaggio, siamo giunti al termine, state oramai imparando a conoscermi, vivo e seguo le mie passioni, non inseguo le stelle, ma la luna, il mio cuore non è per tutti…

Fai della tua vita un sogno, e di un sogno, una realtà.” Antoine de Saint-Exupéry

Foto copyright: Pamela Nanetti

Profilo autore

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Pamela Nanetti

Pamela Nanetti è nata e vive a Bologna, da tempo legata al Biellese per amicizie e legami personali, mamma, impiegata back office, ha iniziato a scrivere per caso, un modo per conoscere sé stessa, iniziando coraggiosamente un viaggio senza avere la certezza del ritorno, nel quale esce la sua vera personalità, dove il cuore non permette calcoli e vive di istinto, ecco da dove nasce il primo libro, “Viaggio nel cuore di un urbexer”.
Alla scoperta dell’Urban Exploration, Urbex, da circa un anno, girovagando e “zingarando” per luoghi abbandonati, pericolanti e fatiscenti, ricchi di storia e di un valore architettonico e bellezza unici. Un viaggio nel tempo, trasportati in un’altra dimensione parallela, sfruttando la passione per la fotografia, la curiosità per l’esplorazione, con l’incoscienza di una bambina, si addentra in dimore storiche, castelli, vecchie rovine decadenti, riconquistate dalla natura, di cui si dimentica l’esistenza, invisibili, che restano nell’ombra, il cui trascorrere del tempo sembra averli cristallizzati. Anche il quotidiano La Stampa incuriosito da questa passione ha voluto dedicare uno spazio tra le sue pagine e ora grazie all’attuale e recente collaborazione col giornale Eco di Biella ha la possibilità di condividere queste personali esperienze.

Scattare una foto è come riportarli allo splendore iniziale, un modo intimo per esprimere emozioni e sensazioni come una dichiarazione di amore per chi non riesce a dimenticare. Una raccolta di fotografie ed esperienze che documentano tappa per tappa.

“… cominciai a frugare tra le rovine del mio cuore per ricostruire un riparo in mezzo alle macerie.” (D. Roberts – Shantaram)

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