I Siti Archeologici in Provincia di Trapani

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Segesta: secondo antichi documenti e attraverso i racconti dello storico Tucidide, la fondazione città risalirebbe al IX secolo a.C., ad opera di transfughi troiani, fuggiti dopo la distruzione di Troia. Il popolo prese il nome di Elimi. La città raggiunse il suo splendore intorno al V secolo a.C., nonostante la lunga diatriba con Selinunte per il dominio della zona e per il predominio nei commerci. Dal IV secolo a.C. cominciò la decadenza che culminò con la distruzione da parte dei vandali nel V sec. d.C. Non raggiunse più il prestigio di un tempo e nel periodo medievale era soltanto un piccolo borgo sorto intorno ad un castello, costruito dai Normanni.

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Il tempio di Segesta

Oggi sono di rilevante importanza il tempio e il teatro. Il tempio fu costruito nel V secolo a.C. in una collina fuori dalle mura della città. Ha sei colonne nel lato corto e quattordici colonne nel lato lungo. L’intero colonnato della peristasi è ancora oggi visibile. Dagli studi fatti sembrerebbe che il tempio non sia mai stato ultimato. Le colonne alte 10 metri non risultano ancora scanalate. La sua posizione e il suo stato di conservazione lo rendono maestoso e scenografico.

Il teatro, invece, fu costruito sulla cima del monte Barbaro, in un sito che era già luogo di culto nei secoli precedenti. Ha una posizione altamente scenografica, sullo splendido panorama del mare e delle colline che si possono vedere a perdita d’occhio. Fu costruito nel III secolo a.C. secondo i dettami della architettura greca. In parte poggia sulla roccia sottostante e in parte su muri di contenimento. La cavea di oltre 60 metri è realizzata con blocchi di calcare locale. Con due ingressi sfalsati, può contenere sino a 4000 persone e d’estate è utilizzato per rappresentazioni teatrali serali.

Nella visita a Segesta si possono osservare le antiche mura di alcuni quartieri della città, alcuni monumenti pertinenti la Segesta medievale, il santuario in contrada Mango e altre vestigia antiche.

Selinunte: era un’antica città greca, situata nel comune di Castelvetrano, lungo la costa sud della provincia di Trapani. Il nome Selinunte deriva da “selinon” (sedano) che cresce spontaneo e rigoglioso e che era riprodotto nelle monete emesse dalla città. Fondata intorno al 650 a.C., raggiunse il suo massimo splendore tra il VI ed il V secolo a.C., raggiungendo anche i centomila abitanti. Era la colonia greca più occidentale della Sicilia, a confine con l’area di pertinenza dei Cartaginesi.

In continuo antagonismo con Segesta, fu definitivamente distrutta nel 409 a.C. ad opera dei Cartaginesi. La città fu distrutta e la popolazione in gran parte soppressa e la restante resa schiava. Anche se in alcuni periodi successivi fu in parte ricostruita, non raggiunse più il suo precedente splendore. Il colpo finale le venne inferto dai terremoti tra il VI ed il IX secolo d.C., che ridussero la città ad un cumulo di rovine.

Oggi è il parco archeologico più grande d’Europa. Ha una estensione di 270 ettari ed è diviso in alcune aree: la collina di Gaggera a ovest, l’Acropoli al centro, la collina Manuzza a nord, con l’antico abitato, la collina orientale e le necropoli. Un ingresso al parco è da Marinella di Selinunte ed un altro ingresso è dalla contrada Triscina.

L’acropoli si trova su un altopiano calcareo a strapiombo sul mare. Si possono ancora ammirare le mura e le torri, l’impianto urbano, con due vie principali che si intersecano, a loro volta intersecate da altre vie minori. Sono stati quasi completamente ricostruiti il tempio E (tempio di Era) e il tempio C. Degli altri templi si possono ammirare i resti, in parte in piedi e in parte ancora nella posizione in cui i terremoti li hanno fatti cadere.

Tra i tanti reperti trovati, il più importante è l’Efebo di Selinunte, statua in bronzo risalente al V sec. a.C , che si può ammirare al Museo Civico di Castelvetrano.

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La spiaggia di Marsala

Mozia (Mothia) e la laguna dello Stagnone: Tra Trapani e Marsala, dopo la riserva delle Saline di Trapani e Paceco, si trova la laguna dello Stagnone. Si tratta di una vasta area di mare con profondità di poco oltre il metro, ricca di posidonia, chiusa ad ovest dall’Isola Lunga e con altre due piccole isole (Scola e Santa Maria ) e proprio al centro della laguna l’Isola di Mozia.

Mozia fu un’antica città fenicia, sita sull’Isola di San Pantaleo, fondata intorno al VIII secolo a.C., secondo i racconti di Tucidide. Le fortificazioni che circondano l’isola si fanno risalire al VI secolo a.C.. La città ebbe il massimo splendore tra il VI ed il V secolo a.C.. Nel 400 a.C. venne completamente distrutta da Dionisio di Siracusa e fu quasi completamente abbandonata. Sede di ordini monastici, fu oggetto di scavi a partire dal 1800. Vi scavò, senza ottenere risultati, anche lo Schliemann nel 1875. Fu acquistata da Joseph Whitaker (archeologo e erede di una famiglia inglese arricchitasi in Sicilia con la produzione del vino Marsala) agli inizi del ‘900. Whitaker iniziò gli scavi nel 1906 e li proseguì sino al 1929, riportando alla luce importanti reperti.

Oggi si giunge a Mozia con un barchino che si prende sulla terraferma, dove si trovano le saline di Ettore Infersa con il mulino restaurato e le vasche di sale, coltivate ancora nel modo tradizionale, tramandato nei secoli. In pochi minuti si giunge sull’isola e attraverso le stradine si può visitare l’intera isola. Si possono ammirare i resti delle mura, la cui lunghezza era di 2,5 chilometri e percorrevano tutta l’isola. Si possono ammirare: la necropoli con le urne funerarie (Tofet), i resti di abitazioni, una struttura che sembra un bacino di carenaggio o un porto per il ricovero delle navi dell’epoca (kothon). Il punto centrale è però il museo Whitaker, realizzato per raccogliere tutti reperti archeologici ritrovati. Interessantissima la visita al museo dove campeggia la statua del Giovinetto di Mozia, statua in marmo di produzione ellenistica, maestosa e di rara bellezza. Si tratta di una statua raffigurante probabilmente un’auriga, con elegante tunica finemente lavorata, alta 180 cm. La statua ha più volte rappresentato l’Italia in importanti manifestazioni internazionali. È stata, negli ultimi anni, esposta al British Museum di Londra, al Getty Museum di Los Angeles, e a Londra in occasione delle ultime Olimpiadi.

Erice: L’antica città si trova sulla vetta del Monte San Giuliano, a circa 750 m sul livello del mare. Secondo Tucidide anche Erice fu fondata dagli esuli troiani che, unitisi alla popolazione autoctona, avrebbero dato origine alla popolazione degli Elimi. È citata anche da Virgilio nell’Eneide. Enea la tocca due volte, prima in occasione della morte del padre Anchise e poi in occasione dei giochi organizzati, un anno dopo, per ricordare il padre. Prima sotto la dominazione cartaginese (le fortificazioni furono implementate da Amilcare Barca) e poi, dopo la prima guerra punica sotto la dominazione romana. I romani vi veneravano la Venere Ericina. Seguì poi la dominazione araba e successivamente, dopo il 1077, vi giunsero i Normanni. In questo periodo la città acquista prestigio creato su iniziativa del professore Antonno Zichichi, che richiama studiosi e scienziati da tutto il mondo e dove vengono trattati argomenti che riguardano la medicina, la storia, l ‘astronomia, la chimica, e il diritto.

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Il Castello Normanno

La visita ad Erice è fantastica. Ci si immerge in una realtà medievale e si resta affascinati dalle chiese, dalle case, dalle strade fatte di ciottoli di pietra e si resta a bocca aperta per la bellezza dei panorami che si possono godere. La città è cinta da mura chiamate mura ciclopiche per la grandezza dei massi che compongono la parte inferiore e risalente al VIII secolo a.C. La parte superiore delle mura si fa risalire a periodi più vicini, da cartaginesi al periodo medievale. La cittadina è ricca di un gran numero di chiese (era chiamata la “città dalle cento chiese”- centro di potere ecclesiastico) le quali erano anticamente collegate da cunicoli sotterranei, che le mettevano in comunicazione tra loro. Oggi i passaggi sono in gran parte interrati e se ne trovano tracce in occasione di restauri degli edifici esistenti.

Da visitare: il Castello di Venere, castello normanno del XII secolo, edificato sui resti dell’antico tempio romano delle Venere Ericina; il Castello e le Torri del Balio, il Giardino del Balio, Il Castello Pepoli, il Quartiere Spagnolo, le mura con le porte di ingresso (Porta Trapani, Porta Carmine e Porta Spada). Poi le chiese con la Real Chiesa Madrice con la sua torre, la Chiesa di San Giuliano, la Chiesa di San Martino e tante altre.   

È famosa per la produzione dei dolci di mandorla che si possono gustare in innumerevoli forme e colori e delle genovesi, dolci con crema gialla, che i turisti gustano in notevoli quantità quando visitano il paese.

È collegata a Trapani da tre strade (13 km. Circa) e da una funicolare .

Altre località da visitare: Mazara del Vallo con la visita al Museo di Sant’Egidio, dove si trova la statua bronzea del Satiro danzante, scultura  del IV sec. a.C., realizzata dalla scuola di Prassitele e Marsala con il museo della Nave Punica, unico esempio di nave punica oggi conosciuto e risalente agli anni antecedenti al 241 a.C.. Sono state ritrovate la parte poppiera e la fiancata di babordo, oltre ad oggetti che facevano parte del corredo e del carico della nave.

Per quanto abbia raccolto in questo articolo, l’unico modo di comprendere le bellezze di questa terra è di vederla con i proprio occhi.

foto copyright: www.visitsicily.travel, www.visitselinunte.com, www.tursimo.trapani.it

G. Di Vita

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a 50km 

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 a 59 km  San Vito lo Capo