Raccolta del tartufo in Toscana: Volterra e San Miniato

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Arrivo a Volterra per la raccolta del tartufo percorrendo l’antica strada volterrana, che in questo periodo sembra inerpicarsi sulla collina attraverso un bosco da favola. All’improvviso, dopo l’ennesima curva, appare in alto il vecchio borgo medioevale. La radio inizia a funzionare male e spesso anche i telefoni cellulari hanno qualche problema, a testimoniare che la straordinaria bellezza di Volterra si è mantenuta intatta nei secoli anche per la sua ubicazione.

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Decido di rimandare alla prossima primavera una visita alla città. Parcheggio l’auto davanti alle rovine del teatro romano. M’incammino a piedi verso porta Fiorentina, una delle aperture di queste alte mura duecentesche. Il mio amore per l’enogastronomia e la mia curiosità mi hanno spinto qui, patria del prezioso tartufo bianco.

I tartufi sono funghi ipogei, ovvero crescono sottoterra, nel terreno accanto alle radici di alcuni alberi, in particolare querce e lecci, con i quali stabiliscono un rapporto simbiotico. Il più pregiato è il tartufo bianco, il Tuber Magnatum, dal latino Magnatus che significa appunto ricco, conosciuto e apprezzato in tutto il mondo. In Toscana le zone più vocate per la raccolta del tartufo sono San Miniato e, appunto, Volterra.

Ho appuntamento con una giovane tartufaia. Io che credevo che quest’antica tradizione della raccolta del tartufo appartenesse agli uomini sono felice di stringere la mano di Irene, che arriva vestita di verde militare con scarponcelli comodi. Unico vezzo femminile, lo smalto colorato. Mi dice che la raccolta del tartufo va praticata correttamente, in modo da non mettere a rischio la conservazione di questo patrimonio naturale unico al mondo. Si vede che è orgogliosa della sua terra.

Irene mi spiega che per diventare tartufai bisogna sostenere un esame. Dopo si ottiene il tesserino, che lei orgogliosamente mi mostra. Ma fondamentale è avere un cane da tartufi e l’apposito strumento, il cosiddetto vanghino. Faccio quindi la conoscenza di “Brad” (come il famoso attore americano) che però risponde al richiamo ‘Bredde’ alla toscana, come l’ha abituato il suo addestratore. È un bel meticcio nero con degli sbuffi bianchi e si vede che adora la sua padroncina. Bredde ci accompagnerà e guiderà nella raccolta del tartufo.

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È emozionante notare come quest’antica tradizione sia portata avanti con tanto entusiasmo da una bella ragazza moderna. Sapevo di tartufai che non davano da mangiare al proprio cane il giorno prima di andare a tartufi, ma Bredde mi sembra in ottimo stato.

Apprendo che la raccolta del tartufo è libera nei boschi e nei terreni non coltivati. Poi esistono delle tartufaie controllate. Dal 1998 l’associazione tartufai dell’alta Val di Cecina, che riunisce i tartufai di Volterra e dei comuni limitrofi, ha come scopo la conservazione e la tutela di questi terreni.

Di solito, la raccolta del tartufo bianco chiude alla fine di dicembre, ma era comunque permesso andare per boschi dal 15 Gennaio per la raccolta dei cosiddetti tartufi marzuoli o marzolini, meno profumati e pregiati.

Sono comunque buoni sia spezzettati nel burro e poi spalmati su crostini caldi oppure, e questa è una ricetta che rubo a Irene che anche in cucina sembra essere brava e soprattutto innovativa: Carpaccio di baccalà con olio extra vergine d’oliva, scaglie di tartufi marzolini e una macinata di pepe.

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