“In futuro ognuno avrà il suo quarto d’ora di celebrità” penso mentre viaggio su un treno diretto a Napoli. A Palazzo Zevallos Stigliano sono esposte, fra le altre, alcune opere di Andy Wharol.
Raggiungo facilmente via Toledo, ma c’è già una lunga fila di turisti che attendono di assistere alla mostra “Le mille luci di New York“. Per fortuna la fila è scorrevole! Appena entro, mi rendo conto che il vero e proprio capolavoro è il Palazzo stesso. Esso fu acquisito nel 1639 dal ricco mercante spagnolo Juan de Zevallos, duca d’Ostuni.
Successivamente, il palazzo fu ceduto a Giovanni Vandeneynden, le cui nipoti, Giovanna ed Elisabetta, sposarono rispettivamente don Giuliano Colonna e don Carlo Carafa di Stigliano. Nel XIX secolo, a causa di dissidi interni alla famiglia Colonna Stigliano, il palazzo fu suddiviso in porzioni più piccole, che vennero cedute in affitto ad inquilini. A partire dal 1898, l’allora Banca Commerciale Italiana iniziò ad acquistare alcune porzioni del fabbricato, per poi riunirlo nuovamente in un unico edificio nel 1920. Palazzo Zevallos Stigliano, insieme ad altri due edifici appartenenti all’attuale Banca Intesa Sanpaolo, fa parte del progetto “Gallerie d’Italia” che raccoglie 120 opere pittoriche e scultoree.
Entrando nel palazzo, resto colpita dall’ampio salone centrale, ricavato da un originario cortile. Noto subito un pianoforte a coda e molte sedie per gli spettatori, e scopro che il Palazzo Zevallos Stigliano, in collaborazione con i Conservatori della Campania, ospita giovani talenti musicali e permette loro di esibirsi in un repertorio di musica classica e contemporanea.
E’ possibile accedere al primo ed al secondo piano attraverso uno scalone marmoreo. Le pareti sono decorate con dipinti a tempera di Gennaro Maldarelli e su ogni piano è esposta una statua in stile neoclassico. Al piano terra c’è un’ opera intitolata Eva e ricavata dallo scultore Attilio Selva da un unico blocco di marmo bianco.
Al primo piano c’è la mostra temporanea Le mille luci di New York. Fra le opere esposte, noto subito due opere appartenenti alla serie Vesuvius di Andy Wharol. L’artista, entrato in contatto con l’ambiente napoletano grazie all’incontro col gallerista Lucio Amelio, rivisitò in chiave “pop” il più noto fra i simboli di Napoli. Ammetto di preferire la versione “nera” del Vesuvius rispetto a quella “rossa”, anche se entrambe le versioni sono un po’ troppo esplosive per me, che preferisco immaginare il vulcano in uno stato di quiescenza.
Oltre a Wharol, al primo piano sono presenti – con le proprie opere – altri pittori contemporanei. Vorrei fotografare Untitled di Keith Haring e Ritratto di Gian Enzo Sperone di Schnabel, ma le foto non sono permesse al primo piano. Il quadro di Haring raffigura un minuscolo angioletto le cui ali vengono tirate da due mani giganti. Per quanto riguarda l’opera di Schnabel, mi colpisce la tecnica: olio e piatti rotti su legno. Dal primo piano riesco ad ammirare meglio alcuni dettagli architettonici del palazzo, come il coloratissimo lucernario di vetro o l’imponente orologio dorato.
Il secondo piano del palazzo ospita invece la mostra permanente. Nelle prime due stanze è possibile ammirare nature morte ed opere di Francesco Solimena e Giovan Battista Ruoppolo, oltre ad un bellissimo tavolo intarsiato con motivi floreali ed animali. Nella terza e quarta stanza sono esposte opere più luminose: i capolavori di Gaspar Van Wittel, di Vincenzo Gemito e della Scuola di Posillipo. Il genere, considerato a lungo un genere minore, ebbe a Napoli uno sviluppo incredibile nell’800. Fra le opere esposte nella terza sala, noto un altro tavolo intarsiato con motivi animali ed una Veduta di Napoli di Van Wittel. Ma l’opera che apprezzo maggiormente si trova nella quarta ed ultima sala del secondo piano: Napoli via Toledo di Carlo Brancaccio. L’elemento che mi colpisce è la pioggia che bagna quella che allora era la strada più celebre di Napoli; non a caso, il sottotitolo dell’opera è: Impressione di pioggia.
Palazzo Zevallos Stigliano merita sicuramente di essere visitato, non solo per la sua bellezza architettonica e per il valore delle opere esposte, ma anche per i numerosi percorsi formativi e laboratori artistici che organizza ogni anno per studenti ed insegnanti. Tutti i percorsi sono fruibili anche da persone con mobilità ridotta. Gli insegnanti che partecipano ai percorsi formativi organizzati da Palazzo Zevallos Stigliano possono richiedere un certificato valido ai fini dell’insegnamento. Gli studenti possono invece partecipare a vari laboratori interattivi che li impegnano in: drammatizzazioni, riproduzioni in terracotta, riproduzioni in pasta di sale, costruzione di strumenti musicali, creazione di pagine tattili ecc . . . Il Palazzo ha inoltre promosso un’iniziativa denominata “Careers in Art” e che permette agli studenti dell’ultimo triennio delle scuole secondarie di secondo grado di esporre le proprie opere alla fine dell’anno scolastico.
Conclusa la mia visita al Palazzo, mi incammino verso la storica pasticceria Pintauro, considerata la casa della sfogliatella napoletana. In realtà il dolce fu inventato nel 1600 da una monaca del convento di Santa Rosa, sulla costiera amalfitana. Per non buttare la semola avanzata cotta nel latte, la monaca vi aggiunse frutta secca, zucchero e liquore di limone e la utilizzò come ripieno di un dolce a forma di cappuccio di monaco, da cuocere al forno. A cavallo fra il XVIII ed il XIX secolo, Pasquale Pintauro entrò in possesso – non si sa come – della ricetta originale della sfogliatella. Modificò la forma del dolce, dandogli sembianze di conchiglia. Ancora oggi la sua bottega, sita in via Toledo 275, è la più antica ed una delle più famose pasticcerie che sfornano sfogliatelle a Napoli!
Appena raggiungo il numero civico 275, entro nella pasticceria ed acquisto una sfogliatella. Oltre ai dolci, il locale vende molte bottiglie di limoncello dalle forme originali: luna, violino, anfora ecc… Pintauro ha una rivale di lunga data: Sfogliatella Mary, che espone le sue prelibatezze in un chiosco presso la Galleria Umberto I.
Devo percorrere ancora pochi metri lungo via Toledo – la via dello shopping – per raggiungere la galleria Umberto I e notare la folla che si accalca davanti alla vetrina di Mary in attesa di acquistare una riccia, una frolla o una Santarosa. Acquisto un’altra sfogliatella e la assaporo passeggiando sotto la splendida cupola della galleria. Sono proprio le specialità sfornate da Mary ed il caffè dei bar vicini a dare alla galleria quel dolce profumo che la rende inconfondibile!
Essa fu inaugurata il 19 novembre 1890. La facciata su via Toledo reca, ai lati dell’ingresso, due coppie di putti con scudi nei quali sono rappresentati gli emblemi dei due seggi di Napoli: il cavallo frenato per Capuana a destra ed una porta per Portanova a sinistra. L’interno della galleria è costituito da due strade che si incrociano ortogonalmente, coperte da una struttura in ferro di vetro. Le delimitano alcuni palazzi, quattro dei quali con accesso dall’ottagono centrale. La volta in vetro e ferro, progettata da Paolo Boubéé, riesce ad armonizzarsi perfettamente con la struttura in muratura: a ciò contribuisce lo stesso rapporto tra le strutture portanti in muratura e quelle di ferro.
Mentre ammiro la cupola penso a quanto quella galleria, con i suoi profumi, mi faccia sentire a casa. A quanto sia simile eppure diversa da un’altra galleria di un’altra città che adesso non rammento. Ma la sfogliatella è finita ed io devo tornare a casa. Non vi dirò mai se sono più buoni i dolci di Pintauro o quelli di Mary; posso solo dirvi che preferisco la sfogliata frolla, e quella che ho assaggiato era davvero . . . “ piena”!
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