Ci sono luoghi da cui è difficile separarsi, poiché il loro fascino senza tempo rimane scolpito nell’anima. Uno di questi è indubbiamente Prato della Valle a Padova, il cuore pulsante della mia città. Una piazza monumentale che racchiude in sé la storia millenaria dell’antica Patavium. Un luogo suggestivo e magico che offre scorci scenografici di rara bellezza, in cui la luce regala emozioni inaspettate. Nelle mattine fitte di nebbia può accadere di restare sopraffatti dal colore perlaceo che avvolge l’Isola Memmia in una visione talvolta surreale, sospesa ed onirica, quasi fosse un dipinto.
Mentre con la bella stagione la piazza inondata di sole brulica di vita e trasmette gioia allo stato puro. La superficie della canaletta si accende in un arcobaleno di colori vividi e sgargianti, mentre le sagome degli alberi si stagliano contro l’azzurro del cielo. Più che un semplice luogo Prato della Valle (o come lo chiamiamo noi, il Prato) è uno stato d’animo dove ognuno può riscoprire la dimensione più autentica in piena libertà. Per coglierne la vera essenza basta solo lasciarsi andare.
Potreste fare una passeggiata panoramica contemplando con stupore e meraviglia l’immensità di questo spazio e la sontuosità dei palazzi storici, gustare un gelato sulle panche dell’Isola Memmia, noleggiare una bicicletta cambiando prospettiva, assaggiare il nostro famoso spritz nel plateatico dei numerosi caffè. O ancora ammirare l’armonia creata dal doppio anello di statue che adornano l’ellisse, cercando di saperne di più sui personaggi illustri raffigurati, per lo più padovani di nascita o di adozione che hanno contribuito al prestigio della nostra città. Credo sia questo il segreto del suo fascino. Un luogo carico di arte, storia e tradizioni.
Noto anche come “Il Prato senza erba” (secondo le cronache nel XIX secolo i cento platani piantati avevano cancellato per molto tempo l’erba) si trova a poche centinaia di metri dalla Basilica di Sant’Antonio. Con i suoi 88.620 metri quadrati è considerata la piazza più grande d’Europa. Deve il suo nome attuale, piuttosto insolito per la verità, all’epoca medievale. A quel tempo infatti il termine “Pratum” indicava un vasto spazio destinato a scopi commerciali che, in assenza di pavimentazione, spesso poteva ricoprirsi d’erba. Mentre il termine “Valle”, cioè ‘luogo paludoso’, si riferiva al territorio acquitrinoso dove l’acqua ristagnava formando una specie di conca o valle.
Tuttavia, quell’area esisteva già prima del Medioevo. Dove sorge l’odierna piazza, nell’epoca augustea dell’antica Patavium (una delle maggiori città dell’Impero Romano) si trovavano un circo per le corse dei cavalli ed un teatro romano chiamato Zairo che è rimasto visibile fino all’XI secolo ed in seguito fu utilizzato come cava. Infatti, alcune di quelle pietre furono impiegate per costruire il Ponte di Rialto a Venezia. Allora il suo nome era Campo Marzio, poiché vi si svolgevano riunioni militari.
Senza dubbio l’origine romana di Padova ha giocato un ruolo chiave anche nei secoli successivi. Infatti, il valore di questo retaggio è testimoniato da ciò che è accaduto nel luglio 2017. In occasione delle celebrazioni per il bimillenario della morte di Tito Livio, storico padovano illustre, il Comune in collaborazione con l’Università di Padova e la Soprintendenza ai Beni Culturali ha dato il via agli scavi dell’antico teatro romano, un progetto ambizioso volto al prosciugamento della canaletta dell’Isola Memmia che ha consentito di studiare e di analizzare i reperti rinvenuti grazie alla riemersione della cavea. Fino al dicembre 2017 i numerosi cultori del genere hanno potuto ammirare il sito archeologico attraverso visite guidate programmate che hanno suscitato grande entusiasmo.
Riprendendo il nostro excursus storico, bisogna ricordare che dopo i fasti dell’età romana quest’area attraversò fasi alterne. Durante le persecuzioni contro i cristiani il circo fu utilizzato per i combattimenti e vi vennero martirizzati anche due dei quattro patroni della città, Santa Giustina (a cui è intitolata l’omonima Basilica) e San Daniele. In seguito, fu denominata “Valle del Mercato” ed anche “Prato di Santa Giustina”. Nel Medioevo invece ospitò gare, giostre, feste pubbliche e fiere. Di particolare interesse le corse dei “sedioli”, una sorta di biga tipicamente padovana e il “castello d’amore”, in cui alcuni giovanotti dovevano conquistare le ragazze in cerca di marito rinchiuse in una torre.
Ma è solo nel Settecento che la piazza assunse l’aspetto attuale. L’idea si deve ad Andrea Memmo. Provveditore Straordinario della Serenissima, ma anche appassionato di architettura, arrivò a Padova nel 1775 e ordinò la bonifica di tutto il territorio fino a quel momento acquitrinoso e paludoso. La redazione professionale del progetto fu affidata a Domenico Cerato, abate e docente di architettura all’Università di Padova. I lavori iniziarono nell’estate del 1775, in previsione della fiera autunnale di Santa Giustina. La trasformazione del Prato fu caratterizzata dalla creazione di un’isola centrale circondata da un canale artificiale di forma ellittica (chiamata Isola Memmia in onore del suo ideatore) che sulle sue rive ospita un doppio anello di statue, in tutto 78 (il progetto originario ne prevedeva 88). Tra i personaggi più celebri raffigurati lo stesso Andrea Memmo, ma anche Antenore, leggendario fondatore della città nel 1132 a.C., Tito Livio, Petrarca, Tasso, Ariosto, Mantegna e Galileo.
Ed è così che ancora oggi, dopo più di due secoli, possiamo ammirarlo in tutto il suo splendore. Infatti, è punto di ritrovo per pattinatori e amanti del jogging, ma la sua bellezza mozzafiato lo rende anche il luogo prediletto per i musicisti, gli innamorati che si accoccolano lungo la canaletta, le famiglie che portano i bimbi all’aria aperta e le centinaia di migliaia di turisti che da sempre ne rimangono incantati.
Ogni sabato vi si svolge il mercato cittadino che conta più di centosessanta bancarelle ed accoglie una miriade di visitatori da tutta la provincia. L’evento di maggiore richiamo è senza dubbio il 13 giugno, per la Fiera di S. Antonio che commemora la morte dell’omonimo santo avvenuta a Padova nel 1231. In quell’occasione migliaia di pellegrini arrivano in città per rendergli omaggio e partecipare alla processione in suo onore. Per non parlare delle numerose manifestazioni che solitamente, ogni anno lo animano, spaziando dalle specialità enogastronomiche italiane ed europee, alle gare sportive fino ad eventi e spettacoli musicali di risonanza nazionale. Infine, due volte all’anno, a Capodanno e a Ferragosto, in questa cornice suggestiva si dà appuntamento una folla festante per vivere un momento davvero imperdibile. I fuochi d’artificio che fanno risplendere la piazza in un turbinio di colori regalando emozioni indimenticabili…
Naturalmente il suo fascino ha ispirato anche artisti, viaggiatori e letterati. Tra loro Canaletto, Francesco Piranesi e Gabriele D’Annunzio che ne cantò la bellezza dedicandole un sonetto nella “Città del Silenzio” e compose alcuni versi incisi su una lapide che si trova sotto il portico della Loggia Amulea.
Insomma, il Prato è un tesoro tutto da scoprire. Ma per comprendere appieno quello che ho cercato di descrivere dovreste venire qui e lasciarvi coinvolgere dalla sua atmosfera…
Articolo di: Cristina Zuccato
Foto copyright: ilgazzettino.it, padovacultura.padovanet.it, pratodellavalle.it