Galatina, svelando ancora un altro segreto del Salento

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Che il Salento è meraviglioso ormai lo sanno tutti. Il motivo principale per cui si visita è il suo mare imparagonabile. Ma chi ha il coraggio di togliere i piedi fuori dall’ acqua cristallina e trasparente e avventurarsi in terra ferma avrà la gioia di scoprire che questa subregione della Puglia non è sole mare. Salento: terra rossa e nutriente; gente calda e appassionata; genuino come le sue viti; saggio come l’ulivo; magico; e come il ritmo frenetico del tamburello, ti entra nell’anima. Il suo entroterra è spesso trascurato e ignorato perché non ha “la comodità” di poter scendere a piedi sulla riva del mare. Ma è qui tra gli ulivi secolari e le mura costruite da sassi è dove batte più forte il suo cuore. Nella provincia di Lecce, c’è una città dal nome Galatina, che è un diamante nascosto dai turisti. Non c’è il mare. Allora, perché visitarla? Ora te lo spiego.

Galatina e gli Orsini

Galatina non è per niente un borgo piccolo con i suoi 25,000 abitanti. Documentata con il nome Sancti Petri in Galatina perché la tradizione vuole che vi si fermò San Pietro nel suo tragitto da Antiochia a Roma. Come tutta la penisola italiana, anche Galatina ha subito tante dominazioni nel corso dei secoli. Per quanto riguarda questo articolo, in particolare, senza raccontare tutta la storia millenaria, ci interessano gli Orsini. Raimondo Orsini del Balzo era il secondo figlio di Nicola Orsini e nonostante non sia nemmeno ben chiaro il suo anno di nascita, rimane una delle figure più importanti dell’Italia del Sud del XIV secolo. E fu proprio Raimondello, come spesso viene chiamato, che commissionò una delle chiese più preziose del Sud Italia, che rimane quasi sconosciuta. Ma non più da me e da chi leggerà questo articolo.

La Basilica di Santa Caterina d’Alessandria

Passata la Porta Luce in pietra leccese (Galatina era già una città murata nel 300), si prosegue su via Robertini tra i palazzi e balconi inconfondibilmente in stile barocco e in fondo, girando a destra, a pochi passi si arriva al Chiostro e alla Basilica di Santa Caterina d’Alessandria.

A primo impatto, non ti impressionerà più di tanto, e sinceramente, ad un occhio inesperto sembra una chiesetta qualunque, ma ti assicuro, non lo è. In primis, l’esterno è esemplare del romanico pugliese nella sua forma più pura. La sua costruzione iniziò nel 1383 su una chiesa bizantina del IX-X secolo, la quale ancora visibile nel muro esterno della navata destra. Il rosone e i tre portali sono squisitamente intagliati in pietra leccese e sull’architrave del portone centrale, il bassorilievo di Gesù tra i dodici Apostoli che richiama la decorazione dei sarcofagi romani.

Il suo segreto

E ora arriva il vero momento “da Cenerentola” per questa chiesetta senza pretese, quando passi dal portone, lo scenario che avrai davanti ti toglierà il fiato. Questo è il segreto nascosto di cui parlavo, ormai, te lo posso dire: la Basilica di Santa Caterina d’Alessandria è seconda solo a quella di San Francesco d’Assisi per l’estensione dei cicli pittorici. In realtà era la moglie di Raimondo, Maria d’Enghien, non essendo soddisfatta con gli affreschi originali completati da artisti locali, che decise di commissionare artisti anche provenienti da lontano di scuola senese e giottesca per rifarli completamente. Non so se la Signora Enghien si rendesse conto di quale impatto quella decisione avrebbe avuto.

Sembra di essere all’interno di un posto fiabesco che nemmeno l’immaginazione del genio Disney avrebbe potuto creare. Affreschi ovunque guardi: in alto sui soffitti, sulle pareti, sui pilastri, sugli archivolti…insomma, dappertutto! In parole semplici e visto con gli occhi di un bambino, figure che sembrano prendere vita e che vogliono invitarti nel loro fantastico mondo di più di 500 anni fa.

Non perdere il Tabernacolo di fra’ Giuseppe da Soleto collocato nella parte absidale della navata sinistra che è un capolavoro completamente recuperato e restaurato nel non lontano 1997.
Alcune reliquie preziosissime sono contenute all’interno della chiesa in cassaforte e quindi non visibili come il calice e il reliquiario della mammella di S. Agata e il dito di Santa Caterina.

In pochi passi, si arriva alla Torre dell’Orologio e all’incantevole Chiesa Madre dei Santi Pietro e Paolo. Sarebbe un peccato lasciare Galatina senza aver mangiato il tradizionale pasticciotto leccese che fu inventato proprio qui nel 1745.

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Articolo di M. Contino